Storia del doppiaggio. Dalla rivista “TEMPO” 1 agosto 1940 un articolo firmato D.M. (grazie a Aurora Del Bandecca)

Negli ultimi anni si è avuta il Italia e Germania una crescente collaborazione cinematografica sia con produzione di pellicole in doppia versione sia con attivo scambio di pellicole. Con accodi recenti tale collaborazione si è fatta più intensa.

Le sale di proiezione tedesche sono ormai sicure clienti dl cinema italiano e anche questo è un riconoscimento della migliorata qualità della nostra produzione. Gli stabilimenti di doppiaggio sono perciò al lavoro. Bisogna doppiare in tedesco il parlato italiano.

Per un certo tempo si è ricorso alla sovrastampa del dialogo sui fotogrammi, ma si è visto che il sistema presenta l’inconveniente di distrarre e stancare o spettatore , il quale è costretto a guardare l’immagine e a leggere le battute. Altro inconveniente di questo sistema sta nel fatto che il dialogo, ridotto per non occupare troppo spazio sul fotogramma diventa una ben misera cosa.

Meglio, dunque, il doppiaggio, arrivato alla perfezione per merito di una categoria di scrittori e di tecnici padroni ormai d’ogni segreto del mestiere. Mestiere non è il vocabolo meglio adatto.

C’è, sì, nel lavoro di doppiaggio una parte che è soltanto tecnica, ma c’è anche, tutt’altro che trascurabile, una parte artistica.

E’ della tecnica il far corrispondere una parola al movimento della bocca sullo schermo; è della tecnica far corrispondere il nuovo discorso alla lunghezza del vecchio; è della tecnica il ridare quel complesso di rumori e di suoni che accompagnano l’azione nell’originale.

Ma è artistico il problema che tutto questo non risulti banale, falso o scorretto e che, nell’opera di traduzione e poi nell’opera materiale di doppiaggio, si ridia il senso e l’atmosfera d’origine.

Qualcuno, alle prese con difficili problemi di sincronismo, ha preferito, per far combaciare la parola col movimento delle labbra, cambiare il discorso. E’ questo un esempio di come sia possibile falsare o peggiorare un’opera per il poco scrupolo o la poca abilità del traduttore dei dialoghi o del direttore della sincronizzazione.

Come nella letteratura, l’opera del traduttore è in certo modo creatrice, quantunque nella letteratura il traduttore sia più libero che non nel cinematografo dove è legato da un complesso di ragioni tecniche.

D’altra parte il doppiato è il risultato del lavoro di due figure: il traduttore e il direttore della sincronizzazione, che possono anche essere riunite in una sola persona, ma che in genere sono divise. Il direttore della sincronizzazione è colui che realizza l’opera del traduttore e che inoltre bada a restituire all’immagine con nuovi suoni i pregi della pellicola originale.

Egli ha, dunque, la responsabilità di una sincronizzazione più difficile sotto certi punti di vista, più facile sotto altri della primitiva sincronizzazione. Condizione ideale sarebbe che traduttore e direttore di sincronizzazione collaborassero insieme poiché il lavoro dell’uno si completa col lavoro dell’altro, ambedue tecnici e nello stesso tempo artisti.

Grazie al doppiaggio molte pellicole italiane hanno già potuto avere larga diffusione il parecchi paesi stranieri, soprattutto in Ispagna e nell’America latina.

Nell’America del nord le pellicole italiane vanno con i dialoghi sovrastampati, poiché la limitata diffusione non permette la notevole spesa che un doppiaggio comporta. Ora, sempre per la possibilità che offre il doppiaggio, la diffusione del cinema italiano, in seguito ai nuovi accordi, si va sviluppando anche in Germania.

Brusio

Si noti dalla prima fotografia in alto quanta importanza veniva data all’atteggiamento fisico dei doppiatori, tanto da metterli nelle medesime condizioni dei personaggi da coprire. L’immagine ritrae un momento del doppiaggio di uno dei tanti film di Tarzan interpretato da John Weissmuller.

Le due fotografie in basso invece ritraggono una scena corale di un film e il lavoro altrettanto corale dei doppiatori. La dinamica del corpo sta, da sempre, alla base della recitazione. Oggi i doppiatori hanno imparato a ottenere gli stessi risultati facendo movimenti meno ampi quando stanno al leggio.

Piccola storia del doppiaggio
Dall’epoca del cinema muto ne è passata di acqua sotto i ponti, eppure l’argomento cinema continua a destare interesse e a essere un evento quotidiano non solo nella sale cinematografiche, ma addirittura nelle nostre case attraverso il mezzo televisivo.

Ricordo i primi tempi della televisione, l’unico canale Rai trasmetteva un film alla settimana. Non ne perdevamo uno, la rarità dell’evento rendeva tutto più emozionante. Oggi invece abbiamo mille canali e spesse volte passiamo da uno all’altro, da un film all’altro senza deciderci quale vedere.

E’ la crisi dell’abbondanza, ma anche la prova che il cinema è diventato parte della nostra vita. Sicuramente questo successo è dovuto al fatto che la traduzione ha permesso a tutti di fruire del cinema, di scoprire universi lontani dalla quotidianità, di capire, di sapere, di sognare.

La musica, la pittura e la scultura sono linguaggi universali che non necessitano di traduzione. La letteratura, invece, per essere diffusa, deve trovare il suo corrispettivo nelle lingue parlate nei vari paesi del mondo. Per il cinema la situazione è la stessa. Prima dell’avvento del sonoro, bastava sostituire i cartelli che recavano le battute o i brani di narrazione in lingua originale con quelli tradotti, e sostanzialmente l’opera rimaneva la stessa. Con il sonoro le cose si sono complicate ulteriormente.

I puristi del cinema non hanno mai visto di buon occhio il doppiaggio o qualsiasi altra forma di traduzione di un film, per loro anche i sottotitoli sono una sorta di profanazione, come vedere ricoprire di scritte parte di un dipinto d’autore, figuriamoci cosa possono pensare di un procedimento che va addirittura a sostituire le voci degli interpreti originali.

Qualcuno scrisse con raccapriccio: “…non si tratta di tradurre un dialogo, si tratta di tradurre un attore, cioè una sostanza umana e una fantasia e una tecnica”. Idea condivisibile, ma poco applicabile.

Il cinema è, e rimane, un’impresa commerciale che richiede grossi sforzi economici per la sua produzione, evidentemente nessun produttore può permettersi di ragionare come un purista e la traduzione, nel senso più esteso del termine, è necessaria alla sopravvivenza del cinema stesso.

Qualsiasi forma di traduzione di un libro o di un film, ha un effetto “deformante”, perché i contenuti vengono espressi in un’altra lingua con tutte le differenze, anche minime, che ne derivano. Una traduzione perfetta si potrebbe definire soltanto come la più vicina all’originale.

Tuttavia questa è l’unica possibilità che abbiamo per diffondere un’opera letteraria o cinematografica.

La prima regola del traduttore sarà quindi quella di rispettare al massimo le intenzioni dell’autore e il valore dell’opera originale. Nel 1927 l’invenzione del sonoro nel cinema, creò l’esigenza di diffondere all’estero i film parlati. Le case di produzione americane capirono che non potevano rinunciare al mercato europeo e che gli europei avrebbero preteso qualcosa di più dei sottotitoli.

Tra i mercati più ricettivi spiccava proprio quello italiano. Il regime fascista però si oppose fin dall’inizio alla diffusione delle lingue straniere e quindi di altre culture in Italia, vietando la proiezione di film in lingua straniera sul nostro territorio con una legge varata nel 1930.

Gli importatori furono costretti a fare un passo indietro, cioè a rendere muti dei film sonori, ma essendo cambiato il modo di narrare, i cartelli inseriti tra le scene diventavano troppo lunghi, scomodi da leggere e sgraditi al pubblico italiano. All’epoca le sale dotate di sistema sonoro erano poche, così la situazione rimase immobile per qualche tempo.

Linguaggio gergale e modi di dire nel doppiaggio

Adattamento

Con questo termine si indicano due procedure ben distinte. Il lavoro di trasformazione di un’opera letteraria, teatrale o musicale in soggetto cinematografico, come nel caso della tragedia di Shakespeare Romeo and Juliet nel musical americano West Side Story di Robert Wise, musiche di Leonard Bernstein, e la stesura del copione per il doppiaggio nel quale sono composte frasi della stessa lunghezza in fotogrammi di quelle in lingua originale e sono segnalate al doppiatore delle indicazioni che riguardano le inquadrature e la posizione del suo personaggio rispetto alla cinepresa

Anello
E’ la tessera di quel grande mosaico che è la registrazione di tutte le parti recitate di un film.

L’Assistente al doppiaggio, nella fase di preparazione, divide (taglia) l’intero film in piccoli pezzi della durata di 20, 25 secondi per dare modo ai doppiatori, quando andranno il sala, di apprendere e ricordare più facilmente ciò che devono fare. Agli anelli viene assegnato un numero progressivo dal primo all’ultimo.

Dal piano generale (cartaceo) che si verrà a formare, si ricaveranno i turni, cioè l’ottimizzazione degli interventi dei vari doppiatori in sala di registrazione. Per mantenere i costi del doppiaggio nei limiti del preventivo, occorre convocare i doppiatori nel minor numero possibile di turni, assegnando loro il maggior numero di righe da doppiare.

Tornando all’aspetto pratico, se paradossalmente dovessimo registrare anelli di due minuti, la procedura sarebbe più complicata e meno precisa, perché alla fine dell’anello il doppiatore, che non ha mai visto il film, difficilmente ricorderebbe tutto ciò che avviene in un tempo così lungo: la lunghezza delle battute, i fiati, le reazioni, la durata delle pause ecc.

Meglio registrare anelli brevi, si ricordano più facilmente e permettono una maggiore concentrazione sui particolari, arrivando alla registrazione considerata buona più velocemente.

Si chiamano anelli, perché quando si lavora con la pellicola e il magnetico, e in passato era l’unico sistema, viene giuntata alle singole sequenze la coda di partenza (vedi esempio) cioè quel pezzo di pellicola della durata di cinque secondi, che reca il conteggio alla rovescia (5, 4. 3, 2, 1) e che precede il primo fotogramma da registrare. Sono autentici cerchi, cioè anelli, di pellicola.

In questo modo, una volta inseriti nel proiettore, la visione diventa ciclica e infinita e il doppiatore può guardare e apprendere più facilmente quanto avviene sullo schermo, senza interruzioni.

A Sinc
In perfetto sincronismo

Attacco
L’inizio della battuta

Attacco “a Fotografico”
E’ un modo di dire che il Direttore del Doppiaggio e l’Assistente al Doppiaggio usano per avvertire il doppiatore che una determinata battuta inizia già al primo fotogramma di un cambio inquadratura e che l’attacco, così repentino e imprevedibile, lo potrebbe trarre in inganno.

Colonna Originale
Per colonna originale si intende la parte sonora del film nella lingua originale, punto di riferimento di ogni fase del doppiaggio.

Colonna Guida
E’ un sinonimo di Colonna Originale, quella che il doppiatore sente in cuffia quando è al leggio. Se sentirete qualcuno che la chiama “base” potete essere sicuri che quella persona non è dell’ambiente e che ha frequentato le sale di registrazione in ambito discografico. La base musicale, infatti, è la registrazione orchestrale di una canzone senza la parte cantata.

Colonna Separata
La registrazione di anelli da parte di un solo doppiatore che incide i suoi interventi in sequenze in cui compaiono anche altri personaggi.

La colonna separata si usa principalmente quando il doppiatore non è disponibile, per vari motivi, a rispondere alle convocazioni previste dal piano di lavorazione. E’ una sorta di registrazione solitaria per farvi capire meglio il concetto.

Oggi, con l’aiuto delle apparecchiature tecniche di cui disponiamo, che ci permettono di sentire anche le registrazioni degli altri doppiatori, l’uso della colonna separata è frequente, per comodità, nel doppiaggio di soap opera e telefilm.

La possibilità di sentire le registrazioni precedenti, aiuta il direttore del doppiaggio a intonare tutti i doppiatori, come se avessero inciso gli anelli insieme, contemporaneamente. In certi casi la colonna separata è d’obbligo quando ci sono dialoghi che vanno trattati in post produzione in modo differente.

Ad esempio nelle telefonate, una delle voci, in fuori campo va effettata, con il classico “effetto telefono”. In questo caso il regista ci vuole fare ascoltare il dialogo completo e lo fa dandoci la sensazione di essere il personaggio in campo che sta udendo la voce del suo interlocutore dalla cornetta. Potremmo definirla una soggettiva sonora.

Un altro caso è quello di un dialogo che avviene in esterno se i due personaggi che parlano sono a distanza diversa dalla cinepresa. Poiché gli allontanamenti o gli avvicinamenti, come abbiamo detto, vengono fatti dal fonico in post produzione, per sicurezza e per evitare il rischio di accavallamenti, le registrazioni vengono eseguite su due piste separate.

Questi sono soltanto esempi, i casi in cui è necessaria la colonna separata sono infiniti.

Effetto Porta
Nelle scene in cui uno o più personaggi recitano in fuori campo al di là di un ostacolo, nella maggior parte dei casi una porta o un muro, l’assistente al doppiaggio pone davanti al microfono uno schermo, la scatola di una bobina di nastro magnetico o il contenitore di una videocassetta.

La voce non colpisce direttamente la membrana del microfono, ma arriva da dietro e crea un effetto assolutamente reale. Gli effetti porta vengono registrati in colonna separata al momento della ripresa sonora, perché, come i campi, sono difficilmente realizzabili in post produzione.

Fare Campo
Fare campo significa allontanarsi dal microfono. Nelle scene in interno, il doppiatore deve mantenere una distanza dal microfono che rispecchi la distanza che ha il suo personaggio dalla cinepresa.

Se il personaggio è in campo lungo, il doppiatore si dovrà allontanare dal microfono, per “fare suonare la stanza” cioè per ricreare le stesse condizioni di sonorità.

Anche un avvicinamento o un allontanamento del personaggio dalla cinepresa, prevede un analogo spostamento del doppiatore rispetto al microfono. Questi sono effetti che è difficile riprodurre in post produzione e nella maggior parte dei casi risulterebbero falsi.

Meglio quindi registrare i campi al momento dell’incisione dei vari anelli. E’ importante sottolineare che questa tecnica di registrazione viene utilizzata soltanto per le scene in interno. In esterno, invece, i doppiatori dovranno stare in primo piano rispetto al microfono e i campi verranno fatti in post-produzione dal fonico, che creerà gli allontanamenti abbassando il livello del segnale.

Finale
La parte finale di una battuta

Fuori Ritmo
Si dice di una battuta doppiata con attacco e finale giusti, ma con un ritmo interno non in perfetto sincrono. In questo caso il doppiatore rifà la registrazione adeguandosi di più al ritmo di recitazione del suo personaggio.

Questo succede quando nel corso della battuta ci sono esitazioni o appoggiature impercettibili, che non sono vere cesure e non si possono definire in alcun modo. Ci troviamo nella sfera dell’interpretazione, come abbiamo detto nella introduzione generale, difficile da descrivere, più facile da percepire.

Fuori Sinc
Si dice di una battuta doppiata che risulta corta, lunga, fuori ritmo o comunque impossibile da sincronizzare anche il post produzione

Magnetico
Il nastro magnetico perforato (16 o 35 mm) inseribile nella moviola contenente la colonna guida o la colonna sonora o la colonna effetti o le registrazioni degli anelli da sincronizzare

Ottico
La copia in pellicola (16 o 35 mm) di un film, priva di traccia sonora

Over Sound
E’ un termine tutto italiano per definire la sovrapposizione del doppiaggio a un discorso che rimane in sottofondo in lingua originale.

Questa tecnica è molto usata nei programmi televisivi o nelle testimonianze di personaggi che compaiono in documentari alternati alla voce fuori campo del narratore. In realtà il termine inglese corretto sarebbe Voice Over

Sinc
Sincrono o Sincronismo

Voce Volto
Si definisce così il perfetto abbinamento della voce del doppiatore al volto dell’attore sullo schermo.

Spesso accade che questa combinazione, considerata ideale, sia molto diversa dalla realtà, cioè che l’attore doppiato abbia caratteristiche vocali molto diverse dal suo doppiatore o che il doppiatore sia fisicamente molto diverso dall’attore doppiato